Come era dolce il vino, la notte del cinque luglio, quando si mesceva nelle coppe per brindare alla sconfitta dei tiranni di Bruxelles!
I registi della farsa che ha scaricato sul popolo greco il peso delle ruberie della sua classe dirigente, in combutta con le elites politiche e finanziarie di Europa e degli altri continenti, si sentiranno, oggi che è stato concluso l’accordo, sicuramente molto furbi.
L’accordo ribadisce la catena del debito sulle spalle degli sfruttati e, attraverso la Grecia, spazza via ogni illusione di imporre per vie legali la revisione, non solo del debito, ma nemmeno delle modalità di rimborso. Con un alternarsi di dichiarazioni sprezzanti, colpi di scena, finte aperture e aperte minacce i vari personaggi della farsa si sono garantiti l’appoggio del proprio ceto politico nazionale. Ma è bene che non si credano troppo furbi, e che comincino proprio ora a guardarsi con più attenzione le spalle.
Chi ha raccontato, e continua a raccontare ai proletari, agli sfruttati, che basta cambiare governo, basta deporre una scheda in un’urna elettorale per ottenere la revisione del debito mente sapendo di mentire. Lo Stato non può sopravvivere senza ricorrere ai prestiti, ogni governo ha bisogno della collaborazione dell’aristocrazia finanziaria per disporre delle risorse monetarie per la propria politica. L’esperienza storica, inoltre, ci dimostra che il diritto internazionale riconosce il debito odioso, cioè il diritto di non pagare il debito, solo dopo un lungo periodo di lacrime e sangue, dopo una guerra o una rivoluzione, per chi ha vinto la guerra o la rivoluzione; come dopo la rivoluzione del 1917, la Russia sovietica si rifiutò di pagare il debito dell’impero zarista.
Com’era dolce il vino che scorreva nelle gole per festeggiare la vittoria, la potenza della volontà espressa dal referendum in Grecia!
Il tradimento del risultato del referendum, imposto o concordato fra la Commissione Europea e il governo Tsipras, fa cadere un altro velo che nasconde la condizione reale degli sfruttati nella società attuale; svela ai ceti popolari quali sono le armi efficaci per la propria emancipazione. La commissione d’inchiesta del parlamento ellenico, istituita alcuni mesi fa per fare chiarezza sul debito pubblico, ha stabilito nel rapporto preliminare che “la Grecia è stata ed è tuttora vittima di un attacco premeditato e organizzato da parte dell’FMI, della BCE e della Commissione europea. Questa missione violenta, illegale ed immorale aveva un unico obiettivo: spostare il debito privato sulle spalle del settore pubblico”. Si tratta di parole buone per la propaganda, ma rimarranno inefficaci finché i cittadini, gli sfruttati non imporranno le loro ragioni con la forza.
Oggi quel vino è amaro, amaro come una medicina che fa svanire i fumi dell’ubriacatura legalitaria ed elettorale.
Le prime vittime degli accordi sono quei politicanti che, nei pochi giorni che ci separano dalla vittoria del “No” al referendum in Grecia, hanno continuato a ronzare nelle orecchie del popolo sulle virtù taumaturgiche del voto, sulla via pacifica per convincere i vampiri di Bruxelles, sull’onestà dei politici e sulla loro fedeltà al mandato ricevuto dal popolo. Come i tafani negli orecchi del somaro, che trasporta il grano per gli altri animali e viene nutrito con la paglia, così essi narrano le loro menzogne nelle orecchie dell’immensa falange operaia, per impedirle di organizzarsi e di pensare con la propria testa.
Tsipras, da buon politico, si è sbarazzato dei suoi alleati più intransigenti ed oggi continua a governare, sotto i diktat dell’Unione Europea, della BCE e del Fondo Monetario Internazionale. E’ difficile credere che tutto questo sia avvenuto solo sotto la pressione della Merkel e di Hollande. Oggi, gli ex alleati di Tsipras si preparano a nuovi tradimenti.
Sono i tradimenti dei politici, i furti dei capitalisti, la violenza della repressione che indica a chi si vuole emancipare la strada della rivoluzione violenta. Quando questa coscienza si sarà sufficientemente diffusa tra la massa, l’ultima ora per gli sfruttatori e gli oppressori suonerà. E sarà forse prima di quanto credono i governanti riuniti al vertice dell’Eurozona.
Tiziano Antonelli